
Datasheet
- Produttore
- Kemco Europe
- Sviluppatore
- Magitech
- Genere
- Gioco di Ruolo
- Lingua
- Inglese
- Giocatori
- 1
Lati Positivi
- Tipologie e classi di mostri aggiungono profondità
- Meccaniche classiche, ma ben oliate
Lati Negativi
- Alla lunga ripetitivo
- Gli acquisti in-app stravolgono il gioco
Hardware
Multiplayer
Modus Operandi
Link
La solitudine del gioco di ruolo
Kemco ripropone su dispositivi mobile la sua formula JRPG, con qualche novità.
Probabilmente non viene siete nemmeno accorti, ma il genere JRPG sta vivendo una seconda giovinezza grazie alla recente diffusione dei dispositivi mobili. Sugli schermi più o meno piccoli di cellulari e tablet si sono di recente riaffacciati sull'onda dell'entusiasmo numerosi vecchi classici, capitanati dai primi capitoli della saga di Final Fantasy, per la gioia di tutti i nostalgici.
Mentre molti hanno cercato di cogliere al volo l'occasione restaurando alla bene e meglio ogni gioco di ruolo bidimensionale in catalogo, una piccola software house spicca nella massa per la coraggiosa decisione di mantenere da sola in vita il genere, sfornando in continuazione nuovi titoli, tutti rigorosamente old style, da dare in pasto a chi ha bisogno di nuove sfide. La software house in questione è Kemco e il recente JRPG che andiamo ad analizzare si intitola Covenant of Solitude.

UN GRUPPO DI MOSTRI
Cotanta abbondanza è sicuramente una gioia per chi ama il combattimento a turni e la grafica finto-16bit, ma ha come scontato effetto collaterale una sostanziale somiglianza di tutti i titoli, benché dietro le quinte si alternino diversi team di sviluppo. Covenant of Solitude porta con tutti i segni di riconoscimento dei titoli Kemco, a partire dalla storia e proseguendo col sistema di combattimento, cercando tuttavia una propria identità attraverso un originale sistema di gestione delle classi.
Protagonista dell'avventura è il piccolo Fort, un giovane orfano – a quanto pare l'orfanotrofio è un elemento imprescindibile nelle trame firmate Kemco – che spicca tra i suoi coetanei per la capacità di comunicare con i mostri, strani esseri per lo più inoffensivi, ma ugualmente mal visti dalla popolazione locale. Ironia della sorte, saranno proprio i mostri ad affiancare Fort nella lotta contro il male incombente che li attende. Naturalmente non mancano i personaggi di contorno, tutti rigorosamente ritagliati sui cliché del genere, dall'amico/rivale alla ragazza timida, ma forte.
Il party che vi ritroverete a controllare però sarà composto da un solo umano, Fort, al cui fianco si schiereranno dei mostri che potrete scegliere tra quattro tipologie. Dopo aver scelto i compagni di Fort sarete chiamati a prendere un'altra decisione da cui dipenderà il prosieguo dell'avventura, ovvero la classe d'appartenenza iniziale dei mostri. Anche in questo caso le opzioni sono quattro, e va ammesso che le combinazioni di tipologia e classi garantiscono una certa varietà strategica al gioco che riesce delineare un solco in grado di differenziarlo sufficientemnte dai suoi diversi epigoni targati Kemco. Nel caso in cui ci si renda conto di aver compiuto delle scelte di cui non si è soddisfatti è possibile tornare sui propri passi e cambiare classe al mostro fonte delle preoccupazioni facendo ricorso a un item, fortunatamente non troppo costoso, che porta il personaggio su cui viene utilizzato al livello 1 di un'altra classe, mantenendo però le abilità acquisite, dando così vita a una sorta di ibrido tra due classi.
I SOLITI DIFETTI
Purtroppo, d'altro canto, svanito l'effetto novità fanno capolino quei difettucci che abbiano riscontrato in quasi tutte le produzioni Kemco e che siamo ormai rassegnati a veder comparire in ogni nuovo titolo. Abbiamo fatto il callo a una grafica che prova a mascherare i suoi limiti richiamandosi al passato, tradita però da un'eccessiva ripetitività nei dungeon che ricalca la tendenza all'auto-citazione che caratterizza un po' tutti gli esponenti del genere JRPG a cui Covenant of Solitudine non si dimostra immune. Dungeon e texture alla lunga troppo simili tra loro sono limiti che in fondo riusciamo a perdonare, tenendo a mente le ridotte dimensioni della produzione di ci stiamo parlando. Quello che risulta molto meno digeribile invece è l'influenza degli acquisti in-app nelle meccaniche di gioco.
Salti tripli nell'esperienza e guarigioni miracolose sono solo alcuni dei potenziamenti acquistabili facendo ricorso alla moneta sonante, unica chiave in rado di aprirvi l'accesso a dungeon aggiuntivi concepiti per il grinding estremo. In realtà questi item sarebbero accessibili anche utilizzando l'oro raccolto in gioco, non fosse che la quantità richiesta per ogni singolo aggetto sia così alta che potrebbe essere raccolta solo abbandonando il proprio lavoro retribuito e destinando tutto il tempo così guadagnato all'uccisione di mostri. Quasi una presa in giro che non contribuisce di certo a un aumento del tasso di empatia che si sviluppa verso il gioco, tenendo conto soprattutto della fascia di prezzo piuttosto elevata – rispetto alla media delle produzioni per iOS – a cui viene venduto.