
SimphonicVania – Parte 1
Venticinque anni di Castlevania in musica.
Nei suoi venticinque anni di storia, scanditi dalla pubblicazione di oltre trenta titoli diversi, la serie Castlevania (nota in Giappone come Akumajou Dracula) ha segnato in maniera indelebile non solo il mondo dei videogiochi, ma anche una fetta dell’immaginario collettivo, influenzando i settori mediali più disparati. Questo tipo d’impatto è stato particolarmente significativo nel Sol Levante, dove il franchise Konami ha sdoganato nell’ambito della cultura pop nipponica alcuni lineamenti estetici e sonori propri della storia e del folklore europei, contribuendo a ispirare filoni musicali e finanche stili di abbigliamento. Per esempio, il particolare design grafico dei giochi, caratterizzato da una miscela flamboyant di elementi vittoriani, gotici e orrorifici, si è rivelato un input determinante per lo sbocciare di mode come il ‘Gothic Elegant’. Al contempo, l’originale approccio utilizzato per gli accompagnamenti musicali, capace d’ibridare electropop e musica da camera settecentesca, ha gettato le basi concettuali su cui si sono poi sviluppate alcune derivazioni Goth del J-Rock e del J-Pop. Del resto, la componente sonora ha rivestito da sempre un ruolo di primo piano nell’universo Castlevania, amalgamandosi con la controparte visiva per connotare profondamente la serie.

LA REGINA DEI VAMPIRI
Castlevania esordisce nel 1986, seguendo, in linea di massima, la poetica del Ghosts’n Goblins di Capcom (1985). Il concept di base, infatti, è quello di un platform caratterizzato da un’ambientazione a metà strada tra il fantasy e l’horror, carica di elementi iconografici di stampo europeo, rivisitati, però, attraverso uno stile rappresentativo di tipo nipponico. Queste scelte stimolano gli sviluppatori a studiare un accompagnamento musicale ricercato, goticheggiante, coerente con l’immaginario evocato dall’impianto estetico. Sembrerebbe che tale obiettivo possa essere raggiunto solo attraverso una sensibilità femminile, giacché, analogamente a quanto accaduto per Ghosts’n Goblins, pure il sound design di Castlevania viene affidato a una compositrice, nella fattispecie Kinuyo Yamashita, qui al suo debutto.

Il compito di Yamashita è più arduo rispetto quello della sua collega in Capcom, in quanto l’artista si trova a dover lavorare entro i limiti tecnici di NES, cercando di costruire brani orecchiabili e al contempo pervasi di richiami a varie espressioni della musica classica occidentale, dalla sinfonia alla sonata da chiesa. Poiché l’8-bit Nintendo non è in grado riprodurre synth assai articolati, la compositrice assembla le note in modo da donare loro una sorta di effetto ‘emozionale’, evocando, nel complesso, un suono analogo a quello di vari strumenti orchestrali. Così, l’incipit di “Poison Mind” ricorda un allegro suonato per clavicembalo, mentre il ritornello di “Heart of Fire” sembra il presto di una toccata per organo. Yamashita alterna queste composizioni a brani dal sapore decisamente più pop, come “Vampire Killer”, che diventerà in un certo senso la ‘sigla’ della serie, giacché verrà ripreso e riarrangiato in svariati sequel del gioco.

MUSIC TO PLAY IN THE DARK
Per Castlevania II: Simon’s Quest (1987), Yamashita viene affiancata dal Konami Kukeiha Club, ossia dallo storico collettivo di sound designer interni alla softco nipponica, già responsabile della componente sonora di titoli come Gradius (1985) e Yie Ar Kung-Fu (1985). Si tratta di una scelta dettata dalla complessità strutturale del gioco, che inspessisce l’ossatura platform del prequel con componenti esplorative ed elementi RPG, introducendo anche un originale sistema di alternanza dinamica dei cicli giorno-notte. Tutto ciò richiede una colonna sonora eclettica, in grado di sottolineare opportunamente i vari momenti dell’azione. Così, le cupe progressioni di “Monster Dance” s’inseriscono durante le parentesi notturne, tagliando le melodie baroccheggianti di “The Silence of Daylight”, che si ascoltano, invece, durante le fasi di giorno. L’approccio di Yamashita continua, comunque, a farsi sentire con brani come “Bloody Tears”, che spreme le potenzialità sonore di NES, regalando l’illusione di ascoltare un rondò per pianoforte e violini.

La trilogia per l’8-bit Nintendo si chiude con Castlevania III: Dracula’s Curse (1989), che, sotto il profilo musicale, consolida la tradizione della serie tramite brani come “Clockwork”, “Evergreen” o “Aquarius”, capaci di esaltare ancor più le contaminazioni con la musica classica del XVIII e XIX Secolo. Questo approccio arriva a influenzare anche la struttura stessa della soundtrack, attraverso composizioni che assumono una funzione quasi operistica, come “Overture” e “Prelude”. Ormai maturo e ben delineato nella sua personalità, il sound design di Castlevania è pronto per il salto verso i sistemi a 16-bit.