
Datasheet
- Produttore
- NAMCO
- Sviluppatore
- MonolithSoft
- Genere
- Gioco di Ruolo
- Distributore Italiano
- Bandai Namco Games
- Data di uscita
- 12/2/2016
- Data di uscita giapponese
- 12/11/2015
- Lingua
- Testi in italiano
- Giocatori
- 1
Lati Positivi
- Crossover tra alcuni dei personaggi nipponici più amati dai giocatori
- Grafica bidimensionale realizzata con cura
Lati Negativi
- Il gioco è dedicato a chi adora le serie da cui provengono i protagonisti
- Trama inutilmente confusionaria e contorta
Hardware
Multiplayer
Modus Operandi
Eroi di Capcom, Sega, Namco Bandai (e Fire Emblem) unitevi!
Arriva anche in Europa il sequel del popolare crossover di Monolith Soft per Nintendo 3DS
Tra le infinite ipotesi sulla prossima console Nintendo, il fantomatico NX, tempo fa ne leggemmo una particolarmente affascinante: si congetturava la creazione, da parte dell’azienda di Kyoto, di una console dedicata agli sviluppatori nipponici e alla distribuzione dei loro giochi su scala internazionale. Un’ipotesi che riteniamo che oggi abbia assunto ancor più fascino, soprattutto alla luce della nascita di Sony Interactive Entertainment con sede in California ed all’exploit dei JRPG su 3DS. Project X Zone 2 potrebbe, in tal senso, rappresentare un ottimo viatico per questa console: esso è un diretto seguito di altri due «crossover da sogno», sempre sviluppati da Monolith Soft; in essi, in un modo o nell’altro, alcuni dei più amati personaggi di serie storiche di Capcom, Namco Bandai e Sega si incontravano e si trovavano a collaborare per salvare il mondo. Il primo Project X Zone uscì sempre su 3DS tra il 2012 ed il 2013 e riprendeva quanto visto nel precedente Namco x Capcom per PlayStation 2, pubblicato solo in Giappone nel 2005.
Problemi dimensionali
In Project X Zone 2, conosciuto con il sottotitolo di Brave New World in Giappone, assistiamo nuovamente all’incontro dei personaggi Capcom, Namco Bandai e Sega, con anche alcune apparizioni di eroi vicini a Nintendo. Questa situazione è giustificata da una serie di varchi dimensionali che si aprono nel nostro mondo che un’agenzia segreta, la Shinra, cerca di chiudere nuovamente. Acerrima rivale di quest’agenzia è la Ouma, che al contrario vorrebbe sfruttare questi ponti dimensionali per i propri fini e dietro la quale potrebbero celarsi organizzazioni criminali ancora peggiori. È inutile entrare nei dettagli della trama poiché questa è, quasi esplicitamente, una scusa per giustificare la presenza contemporanea di personaggi ed avversari provenienti da serie così differenti. Non hanno particolare peso né l’ambientazione, Roppongi, una vasta area facente parte di Minato, dei più importanti ed estesi distretti speciali della Tokyo reale, né i particolari di una sceneggiatura farraginosa, delineata attraverso lunghi dialoghi, apprezzabili solo per alcuni riferimenti che protagonisti ed antagonisti dedicano alle rispettive saghe, come nel caso delle chiacchierate tra Chris Redfield, Jill Valentine e Leon S. Kennedy o dei ricordi di Ryo Hazuki. Come accadeva nel predecessore, anche in Project X Zone 2 la trama è spesso diluita e, soprattutto nelle fasi iniziali e finali dell’avventura, emerge una certa ripetitività nelle battaglie.
Movimenti strategici e combattimenti pirotecnici
Gli scontri ripropongono la singolare commistione tra elementi strategici e combattimenti bidimensionali che caratterizzava il predecessore. La nostra squadra è suddivisa in unità singole o doppie alle quali potremo impartire svariati ordini. Sia le azioni praticabili che i movimenti, direttamente collegati alla divisione “a scacchiera” di ogni livello, richiamano le meccaniche di gioco caratteristiche dei JRPG strategici a la Final Fantasy Tactics o Fire Emblem. Come accade nella popolare serie prodotta da Intelligent Systems e Nintendo, quando fronteggeremo un avversario comparirà una schermata dedicata al combattimento: sviluppandosi sul piano bidimensionale, lo scontro presenta una meccanica che richiama gli episodi bidimensionali della serie Tales of di Namco Bandai. Dovremo quindi muoverci attraverso la schermata per effettuare una serie di attacchi contro il nostro avversario, ricorrendo alla collaborazione dei nostri compagni in un tag team e richiamando le unità singole con attacchi di supporto. L’unione di due tipologie di combattimento così dissimili è riuscita nuovamente e la maggior varietà nella combinazione delle varie coppie, spesso modificate dagli sceneggiatori nel corso della trama, rende leggermente più vivace l’azione durante gli scontri. Il combattimento non riesce però a sviluppare alcun elemento strategico a causa della facilità generale del gioco e della tendenza a preferire la confusione ed i fuochi d’artificio ad un approccio più ragionato; riuscire a combinare svariati attacchi con un tempismo perfetto ed alternando svariati personaggi è il segreto per infliggere danni ingenti e vincere senza problemi gli scontri contro i nostri avversari. Purtroppo un approccio eccessivamente diretto determina la riduzione del gameplay di Project X Zone 2 ad una semplice sequenza di tasti da imparare a memoria e premere in sequenza, ai limiti del button smashing.
2D per tutti
Dal punto di vista tecnico, Monolith Soft non si è discostata da quanto visto nel precedente episodio di Project X Zone: gli sviluppatori sono riusciti, adottando una grafica bidimensionale e lavorando attentamente sugli sprite dei personaggi, a creare una discreta coerenza ed uniformità tra giochi completamente differenti per ambientazione, periodo storico e, di conseguenza, abbigliamento dei personaggi. Una scelta che, sebbene sacrifichi alcuni aspetti peculiari della caratterizzazione che proviene dai giochi più noti (Tekken, Devil May Cry), riesce a donare pari spazio e ruolo anche a volti meno noti. Durante i combattimenti è possibile apprezzare appieno i modelli che compongono i personaggi e gli effetti dei colpi speciali e degli attacchi combinati. La colonna sonora cerca di raggiungere un buon equilibrio tra i brani originali e, soprattutto, quei brani familiari tratti dai singoli giochi: il risultato è purtroppo poco efficace e non soddisfa le aspettative. Inaspettata la scelta di non tradurre nessuno dei dialoghi parlati in inglese, lasciando solo il doppiaggio giapponese: una decisione che potrebbe esser stata determinata dal poco spazio nella memoria della cartuccia o anche dal tono, talvolta eccessivamente scherzoso, di alcuni dialoghi.