
- Nuovo
€69,99€ 49,99
Datasheet
- Produttore
- Sony Computer Entertainment
- Sviluppatore
- Naughty Dog
- Genere
- Azione
- Data di uscita
- 14/6/2013
Lati Positivi
- Narrativamente straordinario
- Colonna sonora incredibile
- Intenso sia nella storia che nelle fasi giocate
Lati Negativi
- Forse qualche lentezza e ripetizione di troppo
- Il design penalizza un po’ l’impatto visivo
- Doppiaggio italiano disastroso
Hardware
Multiplayer
Modus Operandi
Link
Fino alla fine del mondo
Naughty Dog ci accompagna tra le macerie dell’umanità.
Il senso di The Last of Us, il momento che riesce da solo a dare una chiave interpretativa all’ultimo e più compiuto lavoro di Naughty Dog, si trova nell’ultimo quarto del gioco. Senza indulgere in spoiler, basterà dire che Joel ed Ellie sono a un tratto testimoni di un momento incredibile: non la riscossa dell’umanità, non un atto glorioso o una vittoria sulle avversità, quanto piuttosto una cosa piccola e meravigliosa, che tocca nel profondo e lascia attoniti, dando la misura di come anche nelle condizioni più drammatiche, la vita trovi sempre una sua strada per proseguire. Che questa incroci l’accidentato cammino di quel che resta dell’umanità, nell'ordine delle cose, è un aspetto quasi irrilevante. Quando questo momento colpisce il giocatore, sottolineato dalla chitarra di un Gustavo Santaolalla magistrale, ogni altra cosa passa in secondo piano, e si finisce risucchiati completamente nella storia. Si rimane a guardare a bocca aperta, con il sospetto che il gioco finisca lì e la certezza che, se davvero fosse così, beh... ne sarebbe comunque valsa la pena.
Dopo quel punto particolare, l’avventura di Joel ed Ellie continua ancora per diverse ore, e riserva ancora numerosi momenti simili, così come accaduto fin dai primissimi minuti di gioco. A volte toccante, a volte tenero, altre volte brutale oltre ogni dire, o crudele, o ancora spaventoso, The Last of Us ha il suo maggiore pregio proprio nella capacità di spaziare tra registri narrativi profondamente diversi tra loro continuando a regalare momenti di gioco incredibilmente intensi sia nelle sue fasi strettamente narrative, che nei momenti in cui il giocatore è chiamato in causa in prima persona.
La struttura narrativa è quella del road movie, ampiamente collaudata dalla letteratura e dal cinema di genere, ma piuttosto inconsueta nei videogiochi: l’odissea di Joel e della piccola sopravvissuta Ellie li porta ad attraversare le macerie dell’America schivando le schegge impazzite di quel che resta dell’umanità. Gli ultimi alfieri della civiltà, i “Last of Us” del titolo, sono gruppi di brutali predoni che uccidono per sopravvivere, contrabbandieri che cercano di mettere insieme le razioni per sopravvivere, sparuti gruppi di ribelli che cercano una ragione per sopravvivere, e militari che si aggrappano a quel che resta dell’ordine per sopravvivere. Sopravvivere, insomma, è l’unica prospettiva rimasta, e una ragione non è poi tanto migliore delle altre. Non quando due terzi dell’umanità sono stati sterminati o trasformati in furiose creature animate solo dall’istinto di propagare l’infezione del micovirus. Non quando ogni giorno potrebbe essere l’ultimo, avventurandosi fuori dalle poche città ancora sicure.
NESSUNO USCIRà VIVO DI QUI
In questo senso, la definizione di survival horror è estremamente calzante, sia narrativamente (i momenti in cui la sopravvivenza passa per atti indicibili sono innumerevoli, e rendono il gioco assolutamente sconsigliato ai più sensibili) che in senso strettamente ludico: fatta eccezione per un’abilità che concede una (remota) chance di salvezza, i Clicker, ciechi e terrificanti custodi di città ormai morte, uccidono con il semplice contatto senza appello, e tanto i Runner (infetti al primo stadio, ancora dotati di sembianze umane), che i predoni, soprattutto in gruppo, rappresentano una minaccia concreta anche al livello di difficoltà Normale. Con un minimo sforzo di volontà da parte del giocatore, eliminando la Modalità Ascolto e gli indicatori a schermo, e alzando la difficoltà al livello Difficile, il gioco assume i connotati di un survival game in senso stretto, in cui ogni scontro aperto lascia matematicamente con il minimo di risorse, l’esplorazione va valutata attentamente in termini di rischio/vantaggio, e la vittoria non consiste nell’uscire puliti da una data situazione, ma uscirne meno malconci possibile. Fatta eccezione, forse, per l’ultima parte del gioco, in cui capita con una certa frequenza di trovare situazioni in cui si è attrezzati a sufficienza da gestire gli assalti di infetti o predoni con un minimo di tattica, il gioco è strutturato in modo da rovinare metodicamente ogni tentativo di “gestire” gli scontri, lasciando il giocatore – posto che sopravviva all'ordalia – ansimante e ammaccato a fare il conto dei proiettili rimasti.

The Last of Us concede possibilità, ma non dà mai certezze: nessuno scontro è impossibile, nessuno è certo, nessuno risulta uguale al precedente. La migliore testimonianza della solidità della struttura di gioco, che poggia in modo massiccio sulla eccellente IA già apprezzata in Uncharted e su un bilanciamento della difficoltà ammirevole, sta nel fatto che anche quando, nel corso della nostra prova, siamo stati costretti a ripetere più e più volte lo stesso scontro, raramente abbiamo provato un senso di frustrazione o di noia indotta dalla ripetizione. Puntare su un’arma piuttosto che l’altra, sfruttare lo scenario per aggirare i nemici, sfoltirne le fila in silenzio, costringerlo a giocare secondo le nostre regole o coprirsi le spalle con una mina ben piazzata sono scelte che fanno la differenza: i dubbi sollevati in sede di preview riguardo la relativa scarsità delle armi o sul numero di oggetti confezionabili si sono dissolti grazie alla semplice constatazione che ciascuno di essi risulta fondamentale, se sfruttato nel modo giusto, ma non risulta mai risolutivo, se usato a sproposito. In questo senso, appare chiaro come ottenere i pezzi necessari a costruire una mina o una molotov sia fondamentale, e come spesso valga la pena correre più di un rischio per mettere insieme un kit di pronto soccorso in più.