
Trigger
L'ultimo giro di giostra
Pensieri sparsi su una storia che finisce.
Una volta ho letto che difficile non è tanto scegliere, quanto dimostrarsi all'altezza delle scelte compiute. Come se nel momento della decisione, quando le parole sembrano sgorgare pure, in un tutt'uno con se stessi, si fosse proiettati altrove, in un luogo di coerenza e sincerità - lì dove tutto è semplice e si realizza nell'immediato. Quando questo stato svanisce, quando l'incanto si rompe, ecco, ti ritrovi giù, incastrato nel tempo, e come un po' sperduto, dubbioso, a domandarti come, dove e quando, e magari anche perché. Questo è il mio ultimo Trigger. Anche l'ultimo articolo che scrivo per la redazione di Videogame.it. Com'è difficile pensarlo! Anche se solo fino all'altro giorno sembrava la cosa più normale possibile, l'ordine esatto di una sequenza: ieri tutto era chiaro, oggi ogni certezza si è offuscata. Ma è veramente necessario interrompere un'esperienza così ricca, che ti permette di scrivere di ciò che ti piace? Una fare che ti dà soddisfazione! Anche riconoscimento, ma certo, e visibilità. Chiaro, chiaro, in un contesto così particolare e limitato che alla maggior parte della gente sembra persino astruso, ma che importa? Quando vivi bene in una nicchia, mica ti importa di quanto grande sia il mondo. Corri persino il rischio di rimanerci per sempre, lì, dove ti piace.
Ma allora, cosa? Dovevo scriverlo subito dopo aver comunicato alla redazione la notizia, questo articolo. Ne sarebbe uscito qualcosa di brillante, logico, scontato persino nella sua banalità, ma sì, anche interessante, perché le ragioni erano tutte belle allineate e disposte, un esercito pronto a insinuarsi nei ragionamenti altrui e a colpire. C'era qualcosa da dire, in effetti. Qualcosa che non riguardava necessariamente il sottoscritto. Altrimenti sai che noia... immaginate: l’apologia di un percorso. Il giovane che si accorge di non essere più tale, oberato dagli impegni, costretto controvoglia a lasciare le passioni più care, per dedicarsi a un bla bla bla qualsiasi. Storia già sentita migliaia di volte. Che noia, appunto.
Che cosa ho scritto, quel giorno? Devo estrapolare un passaggio, rileggerlo più volte e provare a ritroso a capirmi: - Si fa così fatica a essere credibili al giorno d'oggi, con il marasma di voci, i mille aggregatori di punteggio, i lettori onniscienti, che solo delle voci limpide possono emergere e dire qualcosa di significativo. La mia non è senz'altro tra queste. Non dico che non potrebbe esserlo. Però ci vuole dedizione, la voglia di informarsi, di partecipare alle fiere, di leggere, confrontarsi, di "sporcarsi" nel mondo che ti ospita. Stare al di fuori e pretendere comunque di dire è volgare. Si finisce col cogliere il peggio e giudicare a vuoto.
Una questione di responsabilità, credo. Nell'ultimo Trigger siamo andati a toccare il tema dei romantici, quella storia legata alla direzione artistica. Non ne siamo venuti a capo, quantomeno non con grandi risultati, più che altro con la sensazione di parlare a vanvera a volte, dicendo cose delle quali non abbiamo piena comprensione. Si finisce per dire e dire e ancora, senza sapere cosa effettivamente l'altro colga. Eppure, la responsabilità della comprensione di un discorso è sempre di chi parla. Ma farci comprendere è un problema.
Essere un collaboratore di un magazine online è un atto d'amore. Una cosa da romantici. Sì, potete metterci l'ego, anche la vanagloria, ma in sostanza è amore. Per la cosa in oggetto. Il videogioco nel nostro caso. Non è nemmeno un lavoro, non è denaro. Non ci campi neanche se vuoi, da collaboratore. Eppure sei responsabile più di chiunque altro. Proprio perché lo fai per amore. Responsabile di ciò che dici e delle persone che coinvolgi nel tuo dire: un gioco, una redazione. Ancora più responsabile perché non hai riscontri, non hai nulla: non sai chi ti legge, quasi non sai per chi scrivi. Sai che gli altri, a prescindere, ne sanno quanto o più di te, sai che se tutto va bene sei la composizione di un voto che si unisce ad altri voti, sai che nel rumore è già un miracolo se la tua voce riecheggia, sai che ogni sforzo svanisce nel attimo stesso in cui un articolo viene pubblicato: tutte quelle sensazioni e pensieri, tutto quel tempo speso in compagnia di un gioco, è solo un testo solidificato che dura mezza giornata e poi scivola via. E che cosa ci hai scritto lì dentro: i più o i meno. Mio Dio.
Tempo. L'amore vuole tempo. Lo pretende. E l'amore vuole rinascere ogni giorno, non è che si accontenta dell'innamoramento. Altrimenti è separazione. Ecco, appunto.
Questo parlare di videogiochi non è una cosa da poco. Te ne rendi conti standoci dentro. Sì, sì, siamo tutti bravi a giocare. Siamo anche meravigliosamente bravi a parlarne tra noi. Ma il redattore va oltre. Questa è una lotta contro le date di consegne, un esercizio di puntualità, un sacrificio quotidiano: una professionalità in essere. Un fare viscerale. Che si tinge di sentimenti. E l'intelletto se ne sta a regolare il traffico. Bisogna sentirlo questo richiamo quotidiano: sei nel mare della tua giornata, le cose belle, le cose brutte, gli impegni, i lavori creativi, e quelli che ti fanno campare, ma poi eccolo - il richiamo! Quel gioco, dannata quella volta che ho proposta alla redazione quel gioco!, ma che non ho potuto fare a meno di segnalare, perché caspita è amore, l'ho detto, e sei lì, allora, che scavi nel tuo alveare per trovare una cella libera e spingerti davanti alla console e giocare, e in quel giocare provare a capire tutto quello che c'è da capire, liberare la mente, aprire il cuore, e lasciarti trasportare, e analizzare, segnare, appuntare, smuovere categorie per sgranare la metrica proposta e pensare a cosa dire. A cosa dire. Che ci deve necessariamente essere qualcosa da dire. Che poi finisce che ti domanti anche perché, sia necessario dirlo.
Da lettore mi propongo due cose: eliminare dalla mia navigazione gli aggregatori di punteggio, la prima; selezionare dei siti di riferimento, la seconda. La scelta dipenderà da un unico fattore: la capacità di chi scrive di far trasparire e di motivare quello che pensa e che sente. A prescindere dai voti. Quelli possono essere anche tutti diversi.
Dire qualcosa del videogioco non è una questione di numeri, ma una responsabilità. Che diminuisce tanto più pensi di essere una voce tra le altre, che non lascerà alcunché in chi legge; che cresce tanto più ti accorgi che qualcuno userà poi le tue parole per dialogare. Ma una recensione è il responso di un esame o uno strumento per avviare un confronto?