
Trigger
JRPG #3: gioco di personaggi
La frontiera degli eroi.
Terzo appuntamento con il gioco di ruolo giapponese. L'ultima volta ci eravamo lasciati con una lunga discussione nel forum incentrata sull'evoluzione del genere, in particolare sullo sviluppo dei sistemi di combattimento e il proliferare delle battaglie a scapito dell'esplorazione (qui). Nelle sue ultime incarnazioni il Console-style RPG sembra aver trovato nella lotta il suo baricentro: da The Last Remnant a Star Ocean: The Last Hope, da Final Fantasy XIII a Resonance of Fate, assistiamo a intricati meccanismi di battaglia, che provano a coinvolgere il giocatore più di quanto tentino di fare storia, personaggi e ambienti esplorabili. In The Last Remnant, Square Enix tradisce troppo presto la formula dei Romancing Sa-Ga, da cui era partita per costruire il gioco, riducendo al minimo le possibilità di scelta e puntando su innumerevoli quanto pretestuose missioni secondarie: ne ricaviamo una storia lineare, piatta e soporifera. In Final Fantasy XIII, ancora Square Enix riduce l'ambiente di gioco a un percorso fisso e obbligato, ricco solo di avversari da sconfiggere, per emulare la freneticità di un first person shooter: il giocatore avanza a ritmo di un picchiaduro, combatte attraverso un sistema che strizza l'occhio agli strategici e tra un tunnel e l'altro scopre cenni di storia raccontati da personaggi improbabili. Non c'è da stupirsi se qualcuno in BioWare afferma che Final Fantasy XIII sia tutto tranne che un RPG.
Qui volevo arrivare. No, non mi interessa criticare Final Fantasy XIII, né commentare la recente dichiarazione di Daniel Erickson (Writing Director di BioWare), quanto partire da alcuni elementi di quest'ultima per esaminare il centro intorno al quale i giochi di ruolo giapponesi sono costruiti: storia e personaggi.
I tempi di Phantasy Star
Estrapolo dalla dichiarazione di Daniel Erickson (news su Videogame.it) questo breve passaggio: [In Final Fantasy XIII] you don't make any choices, you don't create a character, you don't live your character.
Non ritengo pregnanti le prime due affermazioni: sono rari i giochi di ruolo giapponesi che permettono al giocatore di compiere scelte significative nell'economia della storia narrata (Phantasy Star III e Romancing Sa-Ga 3 per citare due titoli del passato; Ar tonelico 2 e Infinite Space per due esempi più recenti); ancora più difficile trovare titoli in cui il giocatore possa creare il suo personaggio. Sono, queste, caratteristiche proprie del gioco di ruolo occidentale: voler definire gli elementi tipici di un genere sulla base di uno stile particolare è fuorviante e conduce a inutili schermaglie.
Tuttavia, la questione del "ruolo" non può essere tralasciata solo perché gli RPG giapponesi si presentano, per tradizione, con storie definite e immutabili. Nel secondo Trigger dedicato a questo genere avevo espresso, per l'appunto, il bisogno di sperimentare un maggior numero di titoli che consentano al giocatore di condizionare o plasmare la storia, attraverso un sistema di bivi paralleli, proprio come accadeva in alcuni titoli del passato. Ricordando Phantasy Star III: Generations of Doom, mi piace citare un utente del forum di Videogame.it, Piccolo, che nella discussione sopra citata così descriveva il sistema implementato nel titolo Sega:
Si è creato un background, forte, pregnante, profondo, accurato. Una guerra, due popoli in lotta, due fazioni nemiche. E poi si è scelta la strada del bivio. Ad un certo punto della quest scegli: stai da una parte o dall’altra. E ciò che succede si evolve di conseguenza. Passano gli anni. Gli amici diventano i nemici, o viceversa. Fanno cose, muovono battaglie, fanno errori che nella realtà parallela non fanno. E poi scegli ancora. E ancora una volta la tua scelta condiziona gli avvenimenti degli anni successivi. Quel personaggio muore, quell’altro non è mai esistito, quell’altro ancora cambia completamente il suo carattere e il suo look. La mossa geniale di SEGA è stata quella di far convogliare nel finale le quattro linee temporali differenti in un unico tema centrale, così da non dover rinunciare al topos tipico dei jrpg del villain unico, del salvare il mondo, del far trionfare il bene. Pur lasciando finali differenti, perché situazioni e personaggi sono in parte differenti. Il background è unico, ma la sensazione è che la storia sia fatta dai personaggi.
La chiusura è molto interessante: Piccolo racconta di personaggi che "fanno" la storia. Parlando di Final Fantasy XIII, Daniel Erickson, nell'ultima delle tre affermazione riportate, dice: you don't live your character – non vivete i vostri personaggi.
Arrivo, allora, al tema principale dell'articolo: in un Console-style RPG qual è il rapporto tra ruolo e personaggi? Cosa vuol dire vivere un personaggio, e che ruolo svolge il giocatore?
L'Amleto di Shakespeare
Qual è la differenza tra ruolo e personaggio? Per rispondere a questa domanda mi servo del teatro, la cui storia si può dividere, in modo molto grossolano, in almeno due momenti: quella del teatro di ruolo e quella del teatro di personaggi.
Nel teatro di ruolo vi erano delle "figure" definite (il protagonista-eroe, l'amoroso, il vecchio, il comico) che segnavano a vita la carriera di un attore, il quale, qualunque fosse la commedia proposta, recitava a cliché, seguendo le caratteristiche tipiche del ruolo rivestito. Non di rado capitava che i testi venissero modificati e adattati in base alle qualità degli attori costituenti la compagnia. Il pubblico ammirava il singolo attore e lodava la sua capacità di svolgere il ruolo assegnato: quell'insieme di caratteristiche che rendevano l'amoroso, per esempio, una figura subito riconoscibile. Nel teatro moderno, invece, l'attore veste i panni del personaggio descritto nel testo, ne rispetta i tratti, ne sviluppa il carattere e trova in sé gli umori e le passioni che gli permetteranno di interpretare Amleto, Jago o Caligola. Attraverso il "ruolo" l'attore svolge una funzione all'interno di un contesto narrativo e altera la storia in base alle esigenze di scena; nei panni di un "personaggio", invece, l'attore si cala nel mondo descritto dal testo e partecipa al racconto di una storia che non può modificare.
I Console-style RPG sono, per lo più, giochi di personaggi: il giocatore entra in un contesto che non gli appartiene, assume il controllo di individui indipendenti e già formati nei tratti, e vive, adempiendo alle azioni richieste dal programma, una storia immutabile. In altre parole: permette a delle entità in potenza di svolgere il compito per il quale sono state pensate e create. Il giocatore è attore e pubblico nel contempo: maggiore è l'empatia con i personaggi dati, maggiore è la partecipazione agli eventi narrati. In eguale misura, più è interessante la trama, più è facile condividere gli stati d'animo dei malcapitati eroi.