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A Londra i videogiochi diagnosticano la depressione

Thymia, tramite un'intelligenza artificiale, cerca di diagnosticare la depressione andando ad analizzare elementi come la voce del paziente, lo sguardo, diverse micro-espressioni e altri parametri come tempi di reazione, memoria e errori. 
Thymia, tramite un'intelligenza artificiale, cerca di diagnosticare la depressione andando ad analizzare elementi come la voce del paziente, lo sguardo, diverse micro-espressioni e altri parametri come tempi di reazione, memoria e errori. 

A Londra un gruppo di scienziati è riuscito a sviluppare un videogioco in grado di diagnosticare, monitorare e curare la depressione e altri disturbi psicologici.

Non è la prima volta che il videogioco entra nel mondo della medicina come strumento alternativo o complementare. Thymia – questo il nome del videogioco – risponde alle esigenze di un sistema sanitario, come quello UK, che fatica ad offrire la giusta attenzione ai pazienti affetti da problemi psicologici.

Nel concreto, con Thymia i pazienti non devono fare altro che giocare a dei videogiochi. Durante le sessioni di gioco, però, un’intelligenza artificiale analizza elementi come la voce del paziente, lo sguardo, diverse micro-espressioni e altri parametri come tempi di reazione, memoria e errori. Raccolti questi dati, il software li elabora e li confronta rispetto a modelli indicativi di depressione, formulando una prima diagnosi.

“Quello che speriamo di ottenere è di aiutare i medici a raggiungere la giusta diagnosi molto più velocemente. Attualmente ciò richiede anni di lavoro che noi vogliamo ridurre in una manciata di settimane, aiutandoli a trovare il giusto trattamento per ogni singolo paziente”, ha riferito la dottoresa Emilia Molimpakis, CEO e co-fondatrice del progetto.

Videogiochi e depressione, ce ne era davvero bisogno?

Ad oggi, già circa 2 mila pazienti hanno testato Thymia presso l’University College e il King’s College di Londra, mentre le prove cliniche cominceranno solamente nella seconda metà di quest’anno.

Non tutti però si sentono particolarmente entusiasti rispetto a questa nuova possibilità, ad esempio, la dottoressa Lucy Johnstone, psicologa clinica:”È una buona occasione per ammettere che non siamo molto bravi a raccogliere, capire o sostenere le persone che si sentono depresse. Una rapida lista di controllo non dirà molto, ma non lo è nemmeno sedersi davanti un videogioco di qualche tipo che monitora il tuo sguardo. In realtà abbiamo bisogno di un essere umano che si sieda davanti a noi e ci chieda di più su quegli eventi traumatici della nostra vita, questo è ciò che ci aiuterà a capire meglio le persone”.

Fonte: tgcom24
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